IO, SIGNORA COSTRETTA ALL'OMBELICO NUDO
di
Mitì Vigliero Lami


 

Essendo dimagrita, ho deciso di premiarmi regalandomi un po' di abiti nuovi. Niente di particolare: una gonna blu, semplice, "a tubo"; qualche maglia carina, dei pantaloni e infine delle scarpe.
Piena d'entusiasmo ho iniziato con la ricerca della gonna. Ne ho viste di voile e chiffon; di pelle, plastica, nappa; corte sino all'inguine, lunghe sino alle caviglie; completamente trasparenti o luccicanti come stagnola; spalmate di strass, borchie d'acciaio, ciuffi di piume...
Desiderare una gonna blu, solo blu, in fresco di lana o cotone pesante pare sia una voglia impossibile. Poi, visto che sono incontentabile, la volevo pure con lo spacchetto, elemento indispensabile per poter muovere le gambe e camminare, onde evitare di saltellare a piè uniti come una mummia. E oggi nelle gonne gli spacchi abbondano. Se sono dietro, partono dal coccige e arrivano all'orlo, tagliando la sottana decisamente a metà per mostrare al mondo il colore delle nostre mutandine. Se sono a lato partono dall'anca - anzi, possibilmente da tutte e due - cosicché la gonna, trattenuta in vita solo dalla cintura e divisa in due scampoli nettamente separati, si tramuta in un pareo hawayano decisamente pratico per salire sul tram, scendere dall'auto, arrampicarsi sul treno, camminare per strada un giorno di vento...
Tanto per farmi del male ne ho provata una con spacco regolato da un'invisibile cerniera a lampo. "Così l'altezza la decido io", ho pensato abbassandola pudicamente sotto la rotula. Ho indossato la sottana, piroettando vezzosa davanti lo specchio, mi sono seduta, ho accavallato sensuale le gambe e ho sentito un improvviso zzzzzzzzzìp: la cerniera, grazie all'accavallamento, si era aperta completamente sino alla vita.

Affranta, con la coscia de fora, meditavo sul fatto che per gli uomini, vestirsi, è molto più facile; all'improvviso mi si è parato di fronte un aitante cinquantenne (il negozio era bisex, rigorosamente in stile col proprietario), il quale indossava una giacca color canna di fucile, con revers larghi come le orecchie di Dumbo e contrassegnati, anziché da invisibili cuciture, da lunghi punti bianco gesso. "Ma le sembra possibile" sospirava il tapino "che debba andare in giro con una giacca che dà l'impressione che io sia scappato dal sarto mentre me la misurava, per non pagarlo?" Mentre il proprietario squittiva "ma questa giacca non è imbastita, è impunturata: è la moda...", io decidevo di abbandonare la caccia alla gonna, dedicandomi a quella delle maglie...

Passavo davanti le vetrine (centinaia), puntavo il capo che mi piaceva, entravo nei negozi (decine di negozi...), lo chiedevo e poi iniziavo a ringhiare; sommessamente, ma ringhiavo. Perché tutti i golfini e maglie esposti in vetrina accuratamente piegati, una volta stesi sul bancone rivelavano spalle normali, circonferenza seno giusta e lunghezza cm.15. Sembrano essere state messe in lavatrice a temperatura sbagliata; piccole, striminzite, slabbrate, e cortissime sul davanti. E perché sono così? Ma per lasciar scoperto l'ombelico, è la moda!

Al grido "il bamborìn è mio e me lo gestisco io!" partivo allora a testa bassa alla ricerca dei pantaloni: dritti, sobri, tinta unita, vita alta. Ne ho trovati a zampa d'elefante, all'odalisca, alla ciclista; a fioroni, leopardati, squarciati; di garza, rete, lamé; ricoperti di paillettes, biglie di cristallo, ricamini. Unica comune caratteristica, l'altezza vita che arrivava quasi a metà ciapét: il che spiegava i 5 cm. di cerniera atti a chiuderli. E perché i pantaloni da donna oggi han tutti la vita bassa? Ma per indossarli con le micro maglie affinchè l'ombelico sia ben esposto e sottolineato da una catenella poggiata a mò di languida cintura sulla pelle nuda dell'epa... "Non guarda mai la televisione?" mi han chiesto "È piena di quarantenni col pancino di fuori: è la moda!" Sì, in tv vedo sempre ballerine, soubrettes, cantanti e attrici vestite così; ma accidenti, il resto della popolazione femminile è composto da casalinghe, commercianti, avvocatesse, medichesse, impiegate, giornaliste, infermiere ecc. che vivono e lavorano non sotto i riflettori di uno studio televisivo ma sotto gli occhi di parenti, colleghi, vicini di casa. Potremo anche avere un fisico da far schiattar d'invidia la Barbie (che però l'ombelico mica ce l'ha), ma abbiamo anche una buona dose di buonsenso e, soprattutto, di buon gusto...

Dopo aver raccattato i brandelli di quel già poco ottimismo che mi distingue, partivo infine per l'ultima avventura: la ricerca delle scarpe, un paio elegante e uno sportivo. Ho provato sabots di ogni colore, dalla punta così aguzza da poter essere utilizzata per far crenne sui muri e con l'irritante prerogativa di scivolar via dal piede a ogni passo. "Si rimedia, signora" m'ha detto la commessa "basta che lei cosparga l'interno della scarpa con della lacca per capelli: il piede s'incolla e non scivola più." Poi, probabilmente offesa perché ho ribattuto "Il Vinavil no?", m'ha infilato sgarbatamente un paio di mocassini larghi come una zattera, perfettamente rettangolari, punta rivolta all'insù e suola a zeppa di gomma bianca. "Punta a parte, potrei indossare direttamente la scatola che li contiene: credo che il risultato sarebbe altrettanto grazioso", sibilavo tentando di camminare con quei cosi pesantissimi e sentendomi agile come un palombaro. Ma all'improvviso, l'illuminazione; la mia casa di campagna è piena di armadi in cui sono conservati tutti i vecchi vestiti di mia nonna e di mia mamma: classici, ben tagliati, rifiniti, belle stoffe... Certo, puzzerò un po' di naftalina. Ma la mia dignità sarà salva.



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