L'INCUBO DELLA POLIGAMIA
di
Mitì Vigliero Lami


 

Ho lavorato sino a tardi con Internet facendo ricerche su Tom Green, 52 enne dello Utah, poligamo; cinque mogli e trenta figli, condannato dal tribunale di Provo a una streppa di anni di carcere non tanto per la sua curiosa situazione coniugale, quanto perché non mantiene i figli.

E mentre mi chiedevo "Ma perché i poligami sono sempre e solo uomini? Cosa ci sarebbe di male a essere una poligama donna?", credo di essermi addormentata sul computer: e ho sognato...

Ho sognato che la poligama ero io; cinque mariti, niente figli (nei miei sogni sono sempre molto ottimista).
Situazione ideale, direte voi. Un incubo, dico io.

I cinque consorti sono bravi e gentili: un medico, un onorevole, un impiegato ministeriale, un giornalista, un bancario. Grandi lavoratori, tutti; il medico viene catapultato giù dal letto nel cuore della notte per urgenze all'ospedale, e io mi devo alzare di corsa a preparargli il caffè, la borsa dei ferri, raccattare tutte le miliardate di cose che semina per casa e non trova più. L'onorevole è spesso a Roma, ringraziando il Cielo; ma quando c'è non fa che litigare con gli altri mariti (hanno tutti idee politiche diverse) o obbligarmi a preparare per i suoi colleghi cene raffinate in cui discutere tattiche di governo. Anche l'impiegato ministeriale è quasi sempre fuori casa; tra partite di calcio, tre o quattro secondi lavori e viaggi-stages, si fa vedere ben poco. Il giornalista invece dorme sino alle 11, poi va in redazione e torna a casa verso le 2 del mattino continuando a parlare di articoli al cellulare, mentre il bancario è quello dagli orari più normali; però vi assicuro che è massacrante preparare colazioni, pranzi, spuntini e cene a ripetizione in ogni ora della giornata. Così come è sfiancante lavare e stirare settimanalmente 35 camicie, 35 magliette, 35 mutande, 70 pedalini, 15 braghe di vario genere nonché 10 lenzuola matrimoniali sopra e sotto; ciascuno di loro, per questioni di privacy, ha la sua camera da letto e un suo armadio dove non trova mai le cose : "Amoooore! Dove hai messo la mia polo blu, il mio camice verde, la mia cravatta a pallini, i miei jeans azzurri, la mia cintura grigia, il mio loden verde...?"

Abbiamo una casa molto grande, sì; anche perché ciascuno dei miei amati consorti coltiva un hobby particolare. Uno fabbrica modellini di barche in legno, uno dipinge, l'altro va a pesca; l'altro ancora ha la passione dell'atletica e l'ultimo della cucina. Così io passo le giornate a pulire macchie di pittura ad olio sparse ovunque, a scopare tonnellate di trucioli, a smacchiare scarpette da maratoneta, a pulire chilogrammi di pesce e a rassettare una cucina che, dopo gli exploit del marito gastronomo, è regolarmente ridotta a un fetente cumulo di piatti, pentole, posate, ciotole e affini sporchi e bisunti.

Quando viene l'inverno, e inizia la stagione dei raffreddori e delle influenze, le cose degenerano. Hanno la capacità di ammalarsi contemporaneamente; tutti e cinque a letto, orrendi, lamentosi, starnutanti, tossicolosi, pieni di bisogni. Non faccio che correre notte e giorno da una stanza all'altra a portare spremutine, medicine, camomilline, termometrini, clisterini, fumentini, giornalini, ad accendere e spegnere tv, a telefonare per conto loro negli uffici, a scortare medici avanti e indrè letto-porta (ciascuno ha il suo medico di fiducia, e dal marito dottore non si vuol far curare nessuno). E poi gli uomini quando sono malati tornano bambini: "Perché non ti siedi a fianco a me a farmi un po' di compagnia? Non vedi come sto male? Dài fammi due coccole...". Alla fine, quando tutti i loro bacilli sono emigrati da loro a me, mi ritrovo immobilizzata a letto con la febbre a 39°, in una casa deserta: loro, guariti, devono andare in ufficio a lavorare, no?

Anche andare in ferie è un problema; uno vuole andare al mare, l'altro in montagna, uno sul lago, l'altro alle Maldive, l'altro nei paesi dell'Est. Non possedendo il dono dell'ubiquità, ed essendo troppo stanca per raggiungerli ciascuno alla sua meta per un paio di giorni, finisce che mi passo regolarmente l'agosto da sola in città. Da sola, oddio... c'è sempre un paio di loro che ha troppo da fare per andare in vacanza, e quindi rimane in casa con la mogliettina adorata... Però stanotte mi sono svegliata di botto, sudata e tremante, solo quando l'incubo ha raggiunto il suo culmine mostrandomi, improvvisamente, la cosa peggiore della vita di una poligama dai 5 mariti: l'avere 5 suocere.



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