LA FORTUNA DI NON CHIAMARSI UOTZON
di
Mitì Vigliero Lami


 

Ogni tanto una buona notizia; secondo un sondaggio Internet compiuto attraverso le varie anagrafi nazionali, i genitori battezzano di nuovo i figli con i classici nomi italiani. Ritornano in auge, insomma, le Marie, i Giuseppe, i Luca e le Giulie a scapito dei tanti Jessica o Denis fino ad ora imperversanti. Fabio Castellano, raffinato esperto in analisi del costume e della società, così commenta: "Nei nomi c'è la storia di un popolo con le tracce delle sue idee, credenze, opinioni, desideri, paure, valori. Non a caso negli anni i nomi politici come Benito o Michail Aleksandrovic (Bakunin), quelli della grande musica come Aida o Adelchi e quelli storici come Paride o Achille, sono stati sostituiti dai Geiar, i Maicol, le Naomi o Deborah-con-l'h; questi sono d'altra parte i valori della moderna civiltà occidentale. Dopo i valori valutari, ovvio".

Oggi pare che, lentamente, i novelli mamma e papà ritornino ai nomi dei nonni; ma forse a causa delle famiglie moderne allargate, per non fare torti a nessuno dei tre nonni, ci ritroviamo oggi con un Gianantonandrea a Sassari e una Rinapianna a Roma: oppure i genitori ne scelgono uno del tutto diverso, ma sempre sobrio e soprattutto non "esotico". Però basta sfogliare degli elenchi telefonici di qualunque città per rendersi conto che i nomi dei nostri concittadini sono in generale ancora un po' particolari... Secoli fa la gente chiamava i figli come diavolo le pareva; ciò spiega la presenza nella nostra letteratura di nomi romantici come Cazzutoro; ma col Concilio di Trento (1545-1563) la Chiesa mise dei vincoli, stabilendo per legge che ai neonati dovessero essere dati esclusivamente nomi di Santi, personaggi dell'Antico Testamento o comunque ispirati alla religione cristiana; da qui i vari Natalina, Pasquale, Salvatore, Assunta, Quaresimina, Rosario o Resurrezione. Ma dal '700 in poi, mossi da smanie rivoluzionarie, molti genitori si ribellarono alla legge clericale raggiungendo spesso nella scelta dei nomi livelli di lieve follia, soprattutto in Emilia Romagna, terra anarco-socialista per eccellenza; sino al 1950 era facile trovare pargoli col ciuccio che si chiamavano Ribello, Ateo, Collettivo, Comunarda e Molotov. Un operaio di Rimini, a cui il padre aveva imposto il nome Sciopero, forse per vendetta volle continuare la tradizione sui suoi 3 figli chiamandoli Scintilla, Ordigno, Avanti, ed Emilia Libera fu il nome di una brigatista della prima ora. I genitori clericali rispondevano a queste provocazioni battezzando la prole Santafede, Confessione, Chirieleison, Litania, Dedeo, Diesire (dies irae), Pronobi (ora pro nobis) e Purif, mite casalinga di Massalombarda che deve il nome a una ricorrenza segnata su tutti i calendari: "Purif. (purificazione) di Maria Vergine".

I nomi di battesimo sono lo specchio della società e della cultura del periodo in cui uno nasce: quelli che si chiamano Rachele o Adolfo non potranno mai nascondere la loro età, così come i vari Palmiro/a, Lenin o Nikita. Anche la moglie di Cuccia fu vittima dell'amore politico del padre che la nomò Idea Socialista; poi lui, durante il fascismo, cambiò opinione: ma a lei il nome rimase, anche se mitigato dal cognome: Beneduce. In compenso ora, se nessuno si sogna di chiamare una figlia Casalibértà o Diessìna, tra i musulmani residenti in Italia nascono parecchi Osama.

La passione per la letteratura ha ispirato molti genitori nel modenese facendo loro chiamare i bimbi Athos, Portos, Aramis; e la S finale ha preso la mano una trentina d'anni fa creando Amos, Neris, Nolis e Meris. A Bo c'è il signor Foscolo Maria mentre a Ferrara vi sono due fratelli fabbricati da scatenati fans di Sir Conan Doyle, che si nomano rispettivamente Holms e Uotzon (ri-sic). Sempre in Emilia la passione per l'opera lirica ha prodotto moltissimi Gioconda, Azucena, Violetta, Falstaff, Otello, Radames, mentre in casa di Giovannino Guareschi lavorava una colf che si chiamava Luisamiller.

Se non sono storia e arte a suggerire nomi per bambini, ci pensano sport, cinema e tv. Nel giugno 1984 a Napoli, quando era ancora incerto l'ingaggio di Maradona, furono ben 118 i neonati che vennero chiamati Diego o Diego Armando, così come molti furono i bimbi battezzati nell'estate '82 Pablo o Pablito, in omaggio a Paolo Rossi: in compenso a Genova c'è una ragazzina quindicenne che si chiama Doriana, che potrebbe essere nome normale se non fosse il diminutivo di Sampdoriana. Indubbiamente nate intorno agli anni '70 tutte le Sabina (in omaggio alla Ciuffini del Rischiatutto), così come Lara furoreggiò dal 1966 alla fine degli anni '70 a causa della celebre colonna sonora del Dottor Zivago, mentre la maggioranza delle Sabrine è annata 1954, grazie all'omonimo film con Audrey Hepburn: in compenso, per la sindrome da rotocalco, nel cosentino oggi c'è una infelice bimba che si chiama Ledidiana (sic). Le telenovele nell'ultimo ventennio hanno rimpinzato i nostri asili di Dilan, Gessica, Geiar (sic, sic e sic), Suellen (ri-sic, spesso italianizzato in Suella) e Samantha. Talvolta, al ridicolo, si aggiungeva l'accento regionale di chi andava a registrare in neonato in municipio.
Ciò spiega ad esempio perché nelle Marche, dove la pronuncia è un po' dura (Lugìa, gampagna ecc) vi siano ragazze nomate Samanda, o che a Monterotondo (Rm) una leggiadra Ortensia sia diventata Ortenza. E se la smania dell'esotico ha recentemente creato mostri quali Jacaranda, Bramina, Volmer, Siron, Aliosha e Cocis, in Sardegna pochi anni fa, causa la caratteristica di alcuni cognomi tipici del loco, si diffuse la moda di creare nomi hollywoodiani; e così, come in una barzelletta, oggi possiamo trovare Sofia Loriga, Alain Delogu, Bruce Ligas e Demi Murgia.

Lo storiografo Thomas Carlyle diceva "dare il nome a qualcuno è in realtà un'arte"; certo occorre molta ispirazione per chiamare un indifeso neonato Canzianilla, Amelberga, Osmundo, Volusiana, Eroteide, Godeardo, Eliconide, Valdetrude, Olibrio, Filigonio (tutti nel bolognese) o Ademara, Serrana, Ardelio, Foresto, Argene, Dardaco e Drusiana (Toscana). Gli industriali Migliorati (bambole) e Borletti (punti perfetti) si chiamavano rispettivamente Sostene e Senatore. A Biella c'è un signor Edile; a Bo Manilio, Manlisco, Divo; a Reggio Emilia Arto (papà ortopedico?); a Forlì Decio, Norcio, Edel e, giuro, i fratelli Salito e Disceso. A Ferrara Araldo e Anronio; a Recanati Euticchio, e Marchiano (gravidanza indesiderata?). A Roma ho trovato un Esubero (figlio probilmente di un'esasperata pluripara) e una Eclide; a Barletta Sterpeta e a Padova la signora Ema, sperando non sia un diminutivo, strumento utilissimo ad esempio alla giornalista Gruber per celare sotto il vezzoso Lilly un teutonicissimo Dietlinde; all'ex signorina buonasera Aba Cercato un coloniale Addis Abeba e infine a Nilla Pizzi un ilare Adionilla.



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